La DMS è una alterazione progressiva della
regione centrale del tessuto retinico, la macula, deputata alla visione
centrale, cioè alla distinzione dei dettagli più fini delle immagini ed al
riconoscimento dei colori.
Tale alterazione può provocare una drastica riduzione del campo visivo,
ledendo grandemente l'autonomia della persona. Nei paesi industrializzati la
DMS rappresenta la prima causa di cecità legale.
La malattia è stata individuata alla fine dell'800, ma soltanto
negli ultimi decenni il miglioramento delle tecniche diagnostiche -
soprattutto con l'utilizzo della fluoroangiografia - ha permesso di
individuare precocemente i quadri clinici.
Gli sforzi attuali dell'oftalmologia mirano al riconoscimento tempestivo
delle lesioni retiniche iniziali, le cosiddette DRUSEN (dal tedesco Geode).
Nella fase iniziale della DMS, infatti, i pazienti non lamentano sintomi,
godono ancora di una buona vista e solo l'esame fluoroangiografico è in grado
di rilevare le lesioni maculari in fase iniziale.
La degenerazione maculare senile può assumere due forme: quella secca o
atrofica e quella umida o essudativa.
La forma secca è certamente la più comune, colpendo circa il
10% della popolazione con più di 60 anni, ha un'evoluzione lenta e non
prevedibile nei tempi (la riduzione del visus varia da caso a caso) ed è
caratterizzata da atrofia più o meno estesa dell'epitelio pigmentato e da
drusen.(depositi essudativi).
La forma umida, più rara (colpisce circa il 2% della popolazione
oltre i 60 anni), ma più grave, ha un andamento rapido e progressivo ed è
caratterizzata da una neovascolarizzazione coroideale che interessa l'epitelio
pigmentato e la neuroretina.
Il progredire dell'età favorisce un peggioramento delle condizioni del
neuroepitelio retinico: l'atrofia geografica rappresenta l'evoluzione finale
della degenerazione maculare senile, caratterizzata da atrofia dell'epitelio
pigmentato, danno irreversibile dei fotorecettori e della coriocapillare.
Fattori
predisponenti, eziopatogenesi e profilassi
La DMS è una malattia multifattoriale correlata alla predisposizione
genetica, all'invecchiamento, all'esposizione ad ambienti
sfavorevoli e allo stile di vita.
Questi fattori, oltre a svolgere un danno diretto sull'organismo,
modificano la disponibilità e la necessità di elementi nutrizionali con
funzione strutturale e protettiva.
A prescindere da tutti gli altri fattori sembra che sia proprio
l'età, cioè l'invecchiamento dell'organismo, a creare il substrato sul
quale può successivamente instaurarsi il danno della DMS.
Il danno ossidativo fotochimico costituisce un aspetto
importante nella patogenesi della DMS. Il selenio e altri oligoelementi
contribuiscono ad assicurare l'efficienza di complessi enzimatici essenziali
nell'ambito delle difese contro lo stress ossidativo. Le vitamine
antiossidanti A, C ed E sono in grado di svolgere un ruolo profilattico nei
confronti del danno maculare legato all'età. I carotenoidi proteggono
l'area maculare, mentre gli acidi grassi omega3 sono fondamentali per le foro
funzioni strutturali.
Attualmente non vi sono strategie preventive sicure a causa della scarsa
conoscenza dell'eziologia della malattia; certamente esiste una componente
genetica, ma il tipo e il numero dei geni coinvolti risultano difficili da
definire, anche per il fatto che si tratta di una malattia ad insorgenza
senile. Alcuni studiosi hanno rilevato l'importanza del ruolo dei radicali
liberi nell'evoluzione della degenerazione maculare senile, e consigliano
quindi, in forma di prevenzione, una terapia antiossidante a base di vitamine
A, C ed E. L'obiettivo è quello di mantenere il pool antiossidante a
livelli adeguati intervenendo sullo stile di vita e ricorrendo, quando
necessario, all'integrazione. L'esposizione all'ambiente esterno, alla luce
e a fattori tossici, ma anche i processi fisiologici, come il metabolismo e
l'invecchiamento, innescano numerose reazioni ossidative a livello della
retina, responsabili della sintesi di radicali liberi. La lesività di questi
composti è correlata alla loro capacità di indurre un danno tipo ossidativo a
livello delle membrane e dei sistemi enzimatici cellulari. Per la
formazione di radicali liberi occorrono due principali elementi: una fonte di
energia e l'ossigeno. Per quanto riguarda l'occhio, la via più comune di danno
ossidativo è quella fotochimica. L'energia luminosa, soprattutto quella
ultravioletta, può infatti venire assorbita da molecole sensibili che
reagiscono con particolari substrati o con ossigeno molecolare. La luce che
raggiunge la macula è in grado di danneggiare sia l'epitelio pigmentato che i
fotorecettori, specialmente i coni che rispondono alla luce blu. Tra i
composti sensibili a tali processi vanno annoverati in primo luogo i lipidi
polinsaturi di membrana e poi i citocromi, gli enzimi flavinici dei
mitocondri, la ribofiavina libera e altri ancora. La protezione nei
confronti dei radicali liberi, essenziale per i sistemi cellulari, è
assicurata dall'interazione di sistemi di origine endogena con fattori esogeni
di tipo nutrizionale che agiscono come cofattori enzimatici o come
antiossidanti (es. vitamine, carotenoidi). Nell'ambiente extracellulare,
nel citoplasma e nei mitocondri la superossido dismutasi che contiene zinco e
richiede la presenza di selenio come cofattore, elimina l'anione superossido e
lo trasforma in ossigeno e perossido d'idrogeno. Anche la vitamina E è in
grado di neutralizzare i radicali liberi, in particolare il radicale idrossile
e l'anione superossido. Localizzata nello strato fosfolipidico della membrana
cellulare, questa vitamina preleva un elettrone dagli acidi grassi polinsaturi
ossidati passando da tocoferolo a tocoferile; in seguito viene "riattivata"
dalla vitamina C.
Recentemente è stato scoperto che la somministrazione di vitamine ed
oligoelementi ad azione antiossidante può avere un ruolo di rilievo nella
prevenzione di questa patologia. In alcuni studi pilota sono stati
somministrati farmaci ad azione antiangiogenetica come l'interferone, ma i
risultati sono stati contraddittori.
I sintomi principali dell’AMD sono la riduzione dell’acuità visiva centrale
con permanenza di quella periferica, la distorsione delle immagini (metamorfopsie),
l’alterazione della percezione dei colori, la diminuita sensibilità al
contrasto.
La diminuzione della capacità visiva può però non essere marcata nelle fasi
iniziali della patologia, soprattutto nell’AMD nella forma non vascolare.
La diagnosi di AMD viene posta attraverso due momenti fondamentali:
l’esame biomicroscopico del fundus oculi e lo studio strumentale per
immagini della regione maculare.
L’esame della regione maculare alla lampada a fessura, mediante
l’interposizione di lenti diagnostiche ad elevato potere diottrico, permette
di identificare le lesioni basilari dell’AMD: drusen e alterazioni
pigmentarie dell’RPE, sollevamenti ed atrofie dello stesso, edema maculare e
i segni legati alla presenza di neovasi (tessuto fibrovascolare, emorragie,
essudati lipidici).1
Lo studio di “imaging” della regione maculare avviene sostanzialmente
attraverso tre esami principali:
la fluorangiografia retinica
(FAG),2
l’angiografia con verde d’indocianina
(ICGA)3 e la
tomografia ottica a luce coerente (OCT).
Le prime due sono indagini angiografiche che sfruttano il principio della
fluorescenza per rappresentare lo stato vascolare della retina e della
coriocapillare. In base al quadro fluorangiografico è possibile classificare
la neovascolarizazione coroideale in relazione alla sede (extrafoveale,
iuxtafoveale e subfoveale) e al tipo (classica, occulta). Ciò è determinante
sia per la scelta del trattamento che per la prognosi.
L’OCT consente di ottenere immagini a sezione trasversale ad alta
risoluzione delle strutture retiniche. Questa metodica è particolarmente
utile nel valutare lo spessore retinico, la presenza di edema e le sue
caratteristiche, la presenza di distacchi dell’RPE e della neuroretina,
alterazioni dell’interfaccia vitreoretinica.
Gass JDM. Stereoscopic atlas of macular diseases: diagnosis
and treatment. St. Louis, MO: C.V. Mosby Co, 1970.
Shikano S, Shimuzu K. Atlas of fluorescence fundus angiography.
Philadelphia, PA: W.B. Saunders Company. 1968.
Slakter JS, Yannuzzi LA, Guyer DR, et al. Indocyanine-green angiography.
Curr Opin Ophthalmol. 1995;6:25-32.
Drexler W, Sattmann H, Hermann B, et al. Enhanched visualization of macular
pathology with the use of ultrahighresolution optical coherence tomography.
Arch Ophthalmol. 2003;121:695-706.
Trattamento
Attualmente la forma secca risulta non trattabile, mentre per quella umida
esistono alcuni tipi di intervento.
I farmaci antiangiogenici sono sostanze farmacologiche che
attaccano selettivamente i vasi in proliferazione senza intaccare il tessuto
fisiologico.
La radioterapia, che usata a bassi livelli non dà effetti
collaterali, agisce sulle cellule endoteliali vascolari riducendone la
proliferazione e l'evoluzione della malattia.
La terapia fotodinamica. caratterizzata dall'utilizzo contemporaneo
di un tipo particolare di Laser in associazione con una sostanza chimica.
La laserterapia si è dimostrata utile nel ridurre la perdita visiva
centrale a lungo termine dovuta ad alcune forme di neovascolarizzazione. Solo
una piccola parte dei pazienti può, però, essere trattata con il laser (solo
quando la membrana è extrafoveale o juxafoveale; in presenza di membrane
sottofoveali, solo se la lesione è molto piccola e circoscritta); inoltre più
della metà dei pazienti sottoposti all'intervento laser presentano recidive
entro tre anni.
La rimozione chirurgica della membrana presenta alcuni vantaggi
rispetto alla laserterapia in quanto danneggia meno i tessuti circostanti. Il
rischio di recidiva, però, permane, al quale si aggiunge quello di insorgenza
di cataratta e di distacco di retina; il recupero funzionale richiede buone
condizioni della retina circostante.
La riabilitazione visiva dei pazienti con grave calo del visus
dovuto a degenerazione maculare senile è un problema che in molti casi non
riceve dall'oculista la giusta attenzione.
Spesso il paziente ha perso la normale visione centrale, per la formazione
di una cicatrice centrale (scotoma centrale), ma non è cieco in senso
assoluto, ha cioè una residua capacità visiva periferica: questa deve essere
allenata e rafforzata per salvaguardare al meglio l'autonomia visiva del
soggetto. In tal modo è possibile migliorare anche notevolmente la qualità
della vita dell'anziano con ipovisione. Il programma riabilitativo del
paziente ipovedente è complesso ed impegnativo e comprende l'uso di lenti di
ingrandimento, di telescopi galileiani per la visione per lontano, di
videoingranditori. L'utilizzo di filtri colorati, gialli, ambra o grigi può
aiutare ad aumentare la nitidezza delle immagini e la velocità di lettura.
Assai importante, nell'affrontare i casi di minorazione visiva, è l'approccio
pluridisciplinare. La collaborazione dell'oculista e dell'ortottista nel
prescrivere ed indicare la correzione ottica deve essere completata dalla
consulenza dello psicologo, professionista in grado di motivare ed incentivare
il paziente anziano nell'utilizzo di ausili ottici.
La terapia
fotodinamica ed iniezioni intravitreali
Dal mondo della ricerca giungono oggi notizie molto confortanti su nuove e
rivoluzionarie possibilità terapeutiche: la terapia fotodinamica con
verteporfina potrebbe significare una svolta nella terapia della degenerazione
maculare senile di tipo umido. Si tratta però di un trattamento complesso che
richiede personale altamente specializzato, adeguate strutture di riferimento
e soprattutto costi economici elevati. Scopo della terapia fotodinamica, già
ampiamente studiata ed utilizzata nel campo dell'oncologia per il trattamento
dei tumori dermatologici, è quello di distruggere la membrana neovascolare
maculare attraverso l'iniezione endovenosa di una sostanza farmacologica
fotosensitiva che viene attivata mediante trattamento laser.
La Verteporfina, il farmaco fotosensitivo utilizzato nella terapia
fotodinamica, svolge una potente azione citotossica, legata all'induzione di
una trombosi intraluminale con conseguente eliminazione di apporto sanguigno
al tessuto patologico. Essa si accumula selettivamente nelle cellule
endoteliali dei neovasi. La sua attivazione avviene con l'applicazione di un
raggio laser sulle aree da trattare, di lunghezza d'onda pari al picco di
assorbimento della sostanza stessa. Il raggio laser utilizzato non è ad azione
termica e di conseguenza non provoca danni alla retina sovrastante La
verteporfina è oggi in fase di sperimentazione per occludere selettivamente i
neovasi nella degenerazione maculare senile. La sicurezza, l'efficacia e la
selettività di questa terapia sono state dimostrate attraverso studi
sperimentali aventi lo scopo di rilevare la dose ottimale di verteporfina, il
tempo di irraggiamento e la lunghezza d'onda del raggio laser nel bloccare la
diffusione della fluorescina e quindi distruggere i neovasi. I risultati sono
stati incoraggianti. Per le potenzialità di successo che racchiude, la terapia
fotodinamica con verteporfina rappresenta certamente un grande passo in avanti
nel tentativo di preservare ed eventualmente potenziare il residuo visivo nei
pazienti affetti da degenerazione maculare senile di tipo umido; tutto ciò in
attesa del recupero della funzione visiva (trapianto dell'epitelio
pigmentato), se gli attuali esperimenti condotti su animali potranno avere
un'attuazione clinica.
L'analisi dei risultati ottenuti nel corso degli ultimi due anni della
degenerazione maculare senile con la terapia fotodinamica conferma i
promettenti risultati ottenuti durante le fasi sperimentali.
La tenica di esecuzione è la seguente:
Nella terapia viene utilizzata una sostanza chiamata Verteporfin
(Commercialmente Visudyne - Ciba Vision). Tale sostanza è un agente
fototerapeutico. La sua azione viene ottenuta in due fasi. Nella prima fase
la verteporfin viene somministrata per via endovenosa, con il paziente seduto,
nell'arco di 10 minuti. E' necessario poi attendere altri 5 minuti dopo il
termine della iniezione. In questo periodo la sostanza va ad accumularsi
selettivamente, a livello oculare, nei vasi anomali dell'area affetta da
degenerazione. Nella seconda fase viene effettuata la applicazione di un
trattamento laser di lunghezza d'onda di 690 nanometri. Questa luce ha
l'intensità di un flash ed è incapace di determinare lesioni termiche della
retina. Lo spot del laser viene applicato sulla zona interessata per 83
secondi. Durante questo tempo si ottiene la attivazione della sostanza che
distrugge così soltanto i vasi e i tessuti coinvolti nel processo di
neovascolarizzazione coroideale.
LINEE GUIDA PER L'USO DELLATERAPIA FOTODINAMICA CON VERTEPORFINA (VISUDYNE) NEL TRATTAMENTO DELLA NEOVASCOLARIZZAZIONE COROIDEALE ASSOCIATA A DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA
ALL'ETÀ E AD ALTRE CAUSE
Obiettivi. Le linee guida sono state sviluppate sulla base dei più attendibili dati scientifici disponibili e, in assenza di studi clinici
controllati, sulla base dei pareri concordi di esperti con lo scopo di: 1) coadiuvare l'oftalmologo nella selezione dei pazienti per i quali la terapia fotodinamica con verteporfina, di seguito definita "terapia con verteporfina",
dovrebbe essere presa in considerazione; 2) fornire indicazioni in merito a trattamento, follow-up e ritrattamento.
Metodi. Il parere concorde espresso dai retinologi che hanno partecipato agli studi clinici randomizzati sulla terapia con verteporfina o hanno
avuto esperienza clinica con la terapia con verteporfina è stato basato sui risultati degli stessi studi clinici e sulle opinioni degli esperti. Ulteriori dati ed indicazioni sono pervenuti dai rappresentanti della Macula Societe della
Retina Society, della Vitreous Society• e dagli sperimentatori responsabili degli studi clinici randomizzati di valutazione della terapia con verteporfina.
Risultati. I criteri di selezione dei pazienti hanno incluso: 1) in casi associati a degenerazione maculare legata all'età (AMD),
neovascolarizzazione coroideale (CNV) prevalentemente classica o occulta con assenza di componente classica; 2) localizzazione subfoveale della CNV o localizzazione talmente prossima al centro della fovea che un trattamento convenzionale
con fotocoagulazione laser colpirebbe quasi certamente il centro della zona foveale; 3) lesione associata ad AMD, miopia patologica o altre maculopatie in cui il decorso della patologia tende ad essere peggiore in assenza di trattamento
rispetto all'instaurazione di un approccio terapeutico; 4) livello di capacità visiva tale che un'ulteriore perdita risulterebbe pregiudizievole per la qualità di vita del paziente. I criteri di selezione non hanno incluso la dimensione
della lesione, fatti salvi i casi di CNV occulta senza componente classica associati ad AMD in cui la terapia con verteporfina per lesioni > 4 aree del disco MPS (Macular Photocoagulation Stitch,) dovrebbe essere presa in
considerazione in caso di bassi livelli di acuità visiva corretta. I criteri di selezione non hanno incluso l'età del paziente, una pregressa ipertensione arteriosa sistemica o un precedente trattamento di fotocoagulazione laser.
Idealmente. la terapia con verteporfina dovrebbe essere somministrata entro I settimana dall'esame fluoroangiografico il cui esito determina la scelta terapeutica. In seguito al primo e ad ogni successivo trattamento, i pazienti dovrebbero
sottoporsi a visite di controllo almeno ogni tre mesi per verificare la presenza o meno di leakage nella CNV. In presenza di leakage i ri-trattamenti dovrebbero essere presi in considerazione ogni tre mesi. I ritrattamenti possono essere
posticipati se l'aspetto biomicroscopico e fluoroangiografico della lesione risulta immutato e mostra scarso leakage, particolarmente in assenza di fluido sottoretinico o leaky e di fluorescienza sottostante al centro della zona foveale
avascolare. I pazienti dovrebbero evitare l'esposizione di occhi e cute alla luce solare diretta o a fonti luminose intense per 48 ore dal trattamento o finché eventuali gonfiori o modificazioni della pigmentazione conseguenti a stravaso
non appaiano ristabiliti.
Conclusioni. Queste raccomandazioni forniscono delle linee guida sul ruolo della terapia con verteporfina nella gestione clinica di CNV associate ad
AMD e ad altre maculopatie. L'evidenza di nuovi dati clinici potrebbe richiedere una loro successiva revisione.
RETINA 2002; 22:6-18
INIEZIONI INTRAVITREALI DI FARMACI ANTIANGIOGENETICI
REGISTRATI (ON-LABEL)
Negli
ultimi anni si è scoperto che il principale responsabile della crescita dei
neovasi è una proteina denominata VEGF (vascular endothelial growth factor).
Oggi grazie a questa scoperta sono stati messi a punto degli anticorpi in
grado di bloccare il VEGF e quindi la crescita della NVC.
Ad oggi esistono due farmaci registrati per essere iniettati dentro l’occhio
per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età essudativa.
LUCENTIS (ranibizumab):
si tratta di un frammento dell’anticorpo originario anti-VEGF. Le sue
caratteristiche sono quelle di bloccare tutte le diverse forme (isoforme)
del VEGF. Dai risultati delle sperimentazioni cliniche su larga scala si
evince che i pazienti trattati con Lucentis migliorano in modo
statisticamente significativo la vista rispetto ai pazienti trattati con la
terapia standard cioè la PDT. Il trattamento deve essere ripetuto su base
mensile almeno per i primi tre mesi e poi quando necessario in base ai
controlli clinici e strumentali.
MACUGEN (pegaptanib):Il
pegaptanib è un aptamero, cioè un piccolo frammento di RNA sintetico, con
conformazione tridimensionale e altamente specifica, che si lega ad una sola
delle quattro isoforme del VEGF, la 165, impedendone il legame con il
proprio recettore. I risultati delle sperimentazioni cliniche hanno
dimostrato che il Macugen è in grado di ridurre il rischio di perdita visiva
rispetto al gruppo di controllo.
EYLEA (Aflibercept): è l’unica proteina di fusione completamente
umana, potente inibitore dell’Angiogenesi, che lega tutte le isoforme del
VEGF-A ,VEGF-B nonché il Fattore di Crescita Placentare (PlGF) trovato in
quantità eccessiva nella retina delle persone affette da Degenerazione
Maculare Senile. INIEZIONI INTRAVITREALI DI FARMACI ANTIANGIOGENETICI NON
REGISTRATI (OFF-ABEL)
AVASTINA (bevacizumab):
Il bevacizumab è un anticorpo monoclonale che blocca tutte le isoforme del
VEGF. Il bevacizumab è registrato per essere iniettato per via endovenosa
nel trattamento dei tumori metastatici del colon retto in associazione alla
chemioterapia.
Il bevacizumab non è registrato per essere iniettato all’interno dell’occhio
e quindi non ha una indicazione nel trattamento della degenerazione maculare
legata all’età essudativa. Nonostante questo l’utilizzo intraoculare del
bevacizumab nel trattamento della degenerazione maculare legata all’età
essudativa così come di altre malattie neovascolari ed edematose della
retina sta dilagando in tutto il mondo.
PERCHE’
L’AVASTINA SI INIETTA DENTRO L’OCCHIO SE NON E’ REGISTRATA PER QUESTO
UTILIZZO?
Il bevacizumab (Avastina) è un anticorpo monoclonale intero. I ricercatori
quando hanno messo a punto il bevacizumab per curare i tumori, hanno pensato
anche di utilizzare lo stesso anticorpo per curare le malattie oculari.
Nelle sperimentazioni sull’animale hanno tuttavia visto che il bevacizumab,
quando iniettato dentro l’occhio, non penetrava completamente la retina per
via delle sue dimensioni troppo grandi. Allora hanno iniziato a modificare
l’anticorpo originario e sono arrivati a ottenere un frammento
dell’anticorpo che era comunque in grado di bloccare tutte le isoforme del
VEGF e nello stesso tempo poteva penetrare meglio la retina, in quanto le
dimensioni erano molto inferiori. Questo frammento lo hanno chiamato
ranibizumab e gli hanno dato il nome commerciale di Lucentis. Per questo si
può dire che l’Avastina e il Lucentis sono un po’ dei parenti stretti.
Una volta ottenuto il ranibizumab sono iniziate le sperimentazioni cliniche
che sono durate diversi anni. In quegli stessi anni, si parla del 2004-2005,
alcuni ricercatori americani hanno avuto l’autorizzazione per condurre un
studio clinico su 9 pazienti affetti da degenerazione maculare legata
all’età essudativa trattati con una infusione endovenosa di Avastina. I
risultati sono stati molto incoraggianti in quanto la lesione essudativa
regrediva e la vista migliorava. Sulla base di questa esperienza, si è
iniziato a iniettare l’Avastina dentro l’occhio. Ora però che esistono due
farmaci (Lucentis e Macugen) che sono registrati per l’utilizzo
intraoculare, teoricamente l’Avastina non dovrebbe essere più utilizzata.
Cosa significa che un farmaco è registrato per un determinato utilizzo?
Perché un farmaco venga messo in commercio e sia registrato con una
determinata indicazione e via di somministrazione, deve avere passato dei
controlli molto accurati. In medicina questi controlli si chiamano
sperimentazioni cliniche. La casa farmaceutica si rivolge ad una società che
ha il compito di organizzare una sperimentazione clinica sulla base di un
protocollo di studio molto rigido. Vengono reclutati vari centri in diversi
paesi, si stabilisce quale è il numero minimo di pazienti da arruolare per
poter ottenere dei risultati analizzabili dal punto di vista statistico e
vengono stabiliti i criteri di inclusione ed esclusione. Quando un paziente
risulta idoneo, allora viene inserito nello studio e assegnato in modo
casuale (randomizzazione) al gruppo dei trattati con il nuovo farmaco oppure
al gruppo che riceve il placebo oppure la terapia fino a quel momento
utilizzata. Per eliminare qualsiasi tipo di influenza soggettiva (errore
statistico), lo sperimentatore non è a conoscenza se il paziente viene
trattato con il farmaco da sperimentare oppure con il placebo (doppio
cieco). La sperimentazione clinica deve durare almeno 1 anno, durante il
quale i pazienti arruolati nello studio vengono visitati periodicamente e se
il caso ritrattati. Alla fine tutti i risultati sono analizzati e si valuta,
utilizzando dei test statistici, l’efficacia e la sicurezza del farmaco che
si sta sperimentando. I test statistici sono fondamentali in quanto danno
una ragionevole garanzia che i risultati ottenuti non siano semplicemente
dovuti al caso. Se per esempio prendiamo i risultati del Lucentis possiamo
dire che dei 716 pazienti arruolati, il 24,8% dei pazienti trattati
migliorava la acuità visiva di almeno tre linee del tabellone di lettura,
mentre solo il 5% dei pazienti che ricevevano un finto trattamento
miglioravano la vista di almeno tre linee. La differenza tra questi due
gruppi era statisticamente significativa a tal punto che la probabilità che
questa differenza fosse semplicemente dovuta al caso era inferiore a 1 su
1000 (p<0,001).
Questa solitamente è la procedura per ottenere la registrazione del farmaco
per un determinato utilizzo e via di somministrazione.
Nel caso dell’Avastina, non è stata condotta nessun tipo di sperimentazione
clinica, ma solo studi basati su piccole serie di casi, senza un gruppo di
controllo, senza una randomizzazione. Da queste serie di casi si evince che
il farmaco ha una certa efficacia nel migliorare la funzione visiva ma non
si conclude niente circa la sicurezza del farmaco.
Domande, risposte e consigli sulla degenerazione maculare senile:
Che cosa significa macula?
La macula - altrimenti detta macula lutea si trova al centro del nostro
campo visivo. Quando guardiamo attraverso il mirino di una macchina
fotografica vediamo nella maggior parte dei casi un piccolo cerchio che
consente di mettere a fuoco l'immagine che intendiamo fotografare.
In questa immagine, la regione della macula lutea corrisponde alla
superficie interna dei due cerchi rossi del centro dell'immagine. Solo su
questa parte della retina le immagini vengono messe a fuoco e l'acuità visiva
(visus) è massima, per poi perdere in acuità via via che ci si avvicina ai
bordi dell'immagine.
Naturalmente il nostro campo di fissazione -
altrimenti detto campo visivo - è notevolmente più ampio di quello di un
grandangolo.
Da che cosa deriva il nome "macula lutea"?
Si chiama "lutea" (gialla dal latino) perché è responsabile in modo
particolare dell'acuità visiva e contiene "coloranti” del tutto particolari -
i pigmenti.
Che cosa succede effettivamente nella degenerazione di questa porzione
della retina? Inoltre, quali sono i processi fisiologici normali, intendo dire
come si forma normalmente l'immagine?
Come già sa, l'immagine ottica si forma all'interno dell'occhio su uno
strato di pigmenti, paragonabile alla pellicola fotografica. Anche qui abbiamo
diversi strati di pigmenti, che tuttavia devono venire sviluppati in
laboratorio. Questo processo di sviluppo della pellicola viene svolto dalla
retina, che con i suoi milioni di piccolissime cellule puntiformi poggia sullo
strato dei pigmenti, per leggere l'immagine. Questa lettura dell'immagine
viene effettuata naturalmente in tempo reale. Le correnti elettriche che così
si formano vengono raccolte in una serie di cavi di grosso spessore, i nervi
ottici, attraversano la testa, giungono all'ipofisi, che crea il collegamento
con gli organi dell'equilibrio e con il cervelletto, passano altri "punti di
scambio", del cervello, per arrivare alla cosiddetta corteccia visiva, la
parte del cervello che ci consente di interpretare e percepire le informazioni
visive.
E che cosa succede nel caso della degenerazione e quali disturbi si
accusano quando insorge questa malattia?
Ogni cosa, come sappiamo, ha un inizio. All'inizio di una degenerazione
della retina nella maggior parte dei casi i disturbi sono nulli o minimi.
Tutto quello che si sa oggi è che lo strato sottilissimo che protegge la
retina dalle tossine derivanti dal metabolismo diventa fragile. Di conseguenza
insorge una carenza di importanti sostanze nutritive e protettive, nonché di
ossigeno. La carenza viene bilanciata dalla formazione di nuovi vasi
sanguigni, che lentamente, ma inesorabilmente, distruggono la retina.
Ecco alcune immagini di esempio:
i rapporti di grandezza
sono quelli di una retina normale. La regione più ristretta della macula
comprende un'area di circa 1,5 mm.
Retina colpita da degenerazione maculare
A partire da quale età questa malattia insorge?
Insorge prevalentemente a partire dal 40° anno di età.
Come misura preventiva ci si dovrebbe sottoporre ogni anno, a partire dal
40° anno di età, ad una visita oculistica. Come autotest può essere utile il
cosiddetto test di Amsler, che può fare direttamente on
line oppure su una scheda corredata di istruzioni che qualsiasi oculista le
potrà fornire. Come principio di massima si consiglia di sottoporsi
immediatamente ad una visita specialistica ogni volta che si notano disturbi
visivi non chiari, dato che la retina può essere curata con ottime probabilità
di successo proprio allo stadio iniziale delle patologie oculari.
La degenerazione maculare senile è una malattia comune?
Fra le persone anziane (oltre i 65 anni di età) è la causa più comune
dell'abbassamento progressivo della capacità visiva.
Attualmente in che cosa consiste il trattamento?
Come prima cosa l'oculista curante effettuerà un'angiografia della retina.
Con questo esame si possono individuare con certezza i capillari di nuova
formazione, che possono essere curati con il laser, a volte anche con terapia
chirurgica oppure mediante roentgenterapia. Recentemente è possibile
intervenire con una nuova terapia chiamata "Terapia fotodinamica".
Esiste un modo per prevenire questa malattia?
Consigliamo innanzitutto, come per la prevenzione di altre
patologie oculari, di sottoporsi periodicamente a visite di controllo
periodiche e complete. Altro consiglio è quello di eliminare o ridurre il
consumo di sigarette e di tenere sotto controllo la salute generale
dell'apparato circolatorio: pressione arteriosa, glicemia, colesterolemia. Gli
integratori vitaminici e minerali classificati come "vasoprotettori" sono un
valido aiuto, anche nel rallentare l'evoluzione della malattia una volta
insorta.
Se non appare più possibile un trattamento, che cosa si dovrebbe fare?
Si rimane ciechi?
Niente paura, non si rimane ciechi, ma l'acuità visiva è talmente
compromessa che non si può più guidare l'automobile. Molte cose che richiedono
una buona funzione visiva non sono più possibili oppure lo sono entro certi
limiti: leggere libri o giornali, guardare la televisione. A questo proposito
oggi vi sono diversi aiuti: gli ausili visivi per ipovedenti. Attraverso il
lavoro dei centri per ipovedenti e non vedenti, è stato già possibile
restituire a molti pazienti una qualità della vita altrimenti insperata.
Tipica alterazione del campo visivo nel corso della degenerazione
maculare
A parte l'invecchiamento, ci sono altre cause che possono
determinare l'insorgere delle degenerazione maculare?
La causa più frequente della degenerazione maculare è certamente il
naturale processo di invecchiamento dell'occhio. Tuttavia ci sono casi
particolari per cui lo stesso fenomeno degenerativo può essere indotto da
traumi, infiammazioni, infezioni o forte miopia. Anche se molto raramente,
possono inoltre verificarsi casi di ereditarietà della malattia.
Le radiazioni ultraviolette possono favorire l'insorgere della
degenerazione maculare?
Le indagini su questo argomento sono ancora in corso. Tuttavia
l'ipotesi di una relazione tra radiazioni ultraviolette e danni alla retina, e
in particolare alla macula, è già stata avanzata. Infatti si consiglia ai
pazienti colpiti da degenerazione maculare di indossare lenti protettive di
tonalità rossiccia, in grado di filtrare più efficacemente le stesse
radiazioni. Si raccomanda comunque, per prevenire questa ed altre patologie
oculari, di limitare l'esposizione.
La degenerazione maculare colpisce di solito entrambi gli occhi?
No. Le difficoltà maggiori per una diagnosi precoce sono
infatti rappresentati dal fatto che nella fase iniziale l'occhio sano
supplisce a quello colpito nella visione dei dettagli.
E io che cosa posso fare personalmente?
E' sicuramente corretto affermare che non c'è solo un fattore di
predisposizione costituzionale alla base della malattia. Le condizioni di
vita, i fattori di stress, un'alimentazione sbagliata sono diversi fattori
concorrenti che, dopo un certo periodo di tempo, portano a fenomeni di
degenerazione.
Degenerazione maculare senile: dieci fattori di rischio e dieci regole per
tenerla sotto controllo
La causa precisa della degenerazione maculare legata all’età non è ancora
nota, ma la malattia è tuttavia associata ad una serie di fattori di rischio.
1) Il rischio di degenerazione maculare e di aggravamento della malattia
aumentano con l'avanzare dell'età dopo i 55 anni (12% fra i 60 e i 70 anni, 30%
intorno ai 75 anni e fino al 60% dopo i 90 anni).
2) Il sesso femminile sembra maggiormente interessato dal problema.
3) La popolazione bianca è più predisposta rispetto alle razze pigmentate.
4) È riconosciuta una certa predisposizione genetica della degenerazione
maculare senile (alcuni studi cercano di individuare i geni responsabili di una
predisposizione alla malattia o ad una sua particolare manifestazione).
5) Il fumo aumenta il rischio di degenerazione maculare: i fumatori sviluppano
la malattia 5 – 10 anni prima dei non fumatori ed hanno un rischio doppio di
andare incontro alla forma umida o neovascolare.
6) Anche l’alcol può ridurre la quantità degli antiossidanti presenti
nell'organismo e favorire l’insorgenza o lo sviluppo della malattia.
7) L'ipertensione favorisce la forma umida di degenerazione maculare.
8) L'eccessiva esposizione alla luce durante la vita sembra essere un fattore di
rischio.
9) Una dieta ricca di grassi e colesterolo è associata ad un maggior rischio di
degenerazione maculare.
10) Anche l’obesità è considerata un fattore di rischio.
Non si può cambiare la propria età, il proprio sesso o il proprio albero
genealogico, ma per proteggere gli occhi si potrebbero adottare alcune sane
regole di vita e seguire alcuni consigli.
1) Sottoporsi periodicamente a visita oculistica, almeno una volta ogni due
anni. L’oftalmologo, esaminando il fondo oculare, cercherà di individuare
eventuali drusen, rilevandone dimensioni, quantità e densità.
2) Adottare un regime alimentare equilibrato, seguendo una dieta varia e ricca
soprattutto di frutta, pesce e verdura a foglia verde.
3) Se si è consapevoli di seguire uno stile di vita alimentare scorretto, ad
esempio con una dieta ricca di grassi e proteine e povera di vitamine e
antiossidanti, è consigliabile ricorrere a integratori alimentari contenenti
quantità bilanciate di nutrienti, tra cui luteina, zeaxantina, acidi grassi
omega-3 e resveratrolo.
4) Mantenere sotto controllo la pressione arteriosa, nei limiti consigliati.
5) Indossare cappelli con visiera e occhiali da sole per proteggere i propri
occhi dall’azione dannosa dei raggi solari.
6) Evitare di esporre i propri occhi al contatto diretto con sorgenti
artificiali di luce ultravioletta.
7) Non fumare o cercare di smettere.
8) Limitare l’assunzione di alcol.
9) Tenere sotto controllo la linea.
10) Controllare la propria funzione visiva attraverso un semplice test di
autodiagnosi: la griglia di AMSLER permette di individuare difetti del campo
visivo centrale e distorsione.
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