Che cosa sono le aberrazioni?
Ogni imperfezione che,
nel percorso ottico dei fotoni, dal film lacrimale fino al piano retinico,
produce una distorsione dei raggi luminosi stessi o un’imperfezione nella
focalizzazione dell’immagine sulla retina genera aberrazioni oculari. Ad
esempio, errori refrattivi quali miopia, ipermetropia ed astigmatismo
possono essere letti oltre che in termini diottrici anche in chiave
aberrometrica. Aberrazioni più complesse non possono invece essere
descritte tramite le normali definizioni di refrazione. Il metodo migliore
per immaginare una aberrazione oculare è quello di visualizzare la
morfologia della superficie del piano d’onda, distorto attraverso i
diottri oculari, rispetto ad un fronte d’onda piano. Un fascio di raggi
luminosi ideale privo di aberrazioni è costituito da onde rettilinee e
parallele (nell’approssimazione che la sorgente luminosa sia posta
all’infinito) il cui fronte d’onda, la superficie in fase di avanzamento
del fascio, è piano. Quando, invece, sono presenti aberrazioni ottiche la
superficie del fronte d’onda presenta delle distorsioni rispetto al piano
di riferimento che mostrano una morfologia variabile. La forma
geometrica di una aberrazione viene comunemente descritta matematicamente
dall’utilizzo dei Polinomi di Zernike1. I caratteri essenziali
di questa espressione ci consentono, in sintesi, di descrivere la
geometria di ciascuna particolare deformazione. Uno dei parametri
fondamentali della struttura geometrica delle aberrazioni è fornito dalla
suddivisione in vari “ordini”. Le figure 1-3 mostrano la rappresentazione
per immagini delle aberrazioni, dalle più semplici alle più complesse,
evidenziando la loro forma geometrica. Un fronte d’onda privo di
aberrazioni si presenta piatto e parallelo rispetto al piano di
riferimento (Figura 1a), e viene definito come
ordine 0. Le aberrazioni di ordine 1 sono fornite da un fronte d’onda
piatto, ma ruotato rispetto al piano di riferimento sull’asse x o y (Figura 1b). Queste aberrazioni di ordine 0 e 1° sono
puramente virtuali nell’occhio umano e non si presentano mai
isolate.
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FIG. 1 a) Fronte d'onda
piano e parallelo rispetto al fascio di riferimento (condizione
ideale, virtuale nell'occhio umano) |
FIG. 1 b) Fronte d'onda
piano, ma inclinato rispetto al piano di riferimento
(tilt) |
Le
aberrazioni di 2° ordine invece sono causate da errori refrattivi
sfero-cilindrici. Le aberrazioni legate a miopia e ad ipermetropia sono
definite col termine di “defocus” e presentano una morfologia “a scodella”
(Figura 2a). Le aberrazioni astigmatiche,
appartenenti anch’esse al 2° ordine mostrano invece una forma del fronte
d’onda “a sella” (Figure 2b - 2c).
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FIG. 2 a) Fronte d'onda che
rappresenta l'aberrazione di secondo ordine di un occhio
miope. |
FIG 2 b e 2 c) Wavefront astigmatico (2°
ordine): morfologia a sella
In sintesi
si tratta semplicemente di esprimere con un linguaggio differente (quello
aberrometrico) i normali vizi di refrazione che siamo abituati a
descrivere in termini di diottrie ed assi. Normalmente noi correggiamo
queste aberrazioni sfero-cilindriche mediante l’utilizzo di lenti o
attraverso le tecniche tradizionali di chirurgia rifrattiva con laser ad
eccimeri. Da un punto di vista quantitativo, nella popolazione media
affetta da difetti refrattivi, esse rappresentano la quota principale
delle aberrazioni oculari presenti. Le aberrazioni di ordine superiore al
secondo, invece, non sono correggibili con le comuni metodiche
tradizionali: lenti a tempiale, lenti a contatto e trattamenti con laser
ad eccimeri standard. La morfologia di tali distorsioni è proteiforme e
spesso complessa (vedi Figura 3). Anche se da un punto di vista matematico
non è del tutto corretto, in chirurgia refrattiva si utilizza spesso la
suddivisione delle aberrazioni in “basso ordine” comprendente quelle fino
al 2° (essenzialmente defocus e astigmatismo), ed in “elevato ordine” che
include quelle del 3° e superiori, le quali non sono evidenziabili o
correggibili se non mediante tecniche aberrometriche.
Le
aberrazioni cosiddette “coma” a causa della forma a virgola del fronte
d’onda (Figura 3a), appartenenti al 3° ordine,
non mostrano simmetria sul piano rotazionale e sono causa di alterazione
della qualità della visione proporzionale alla loro entità. Sebbene la
forma geometrica del fronte d’onda sia relativamente semplice, l’influenza
negativa sulla performance visiva e la difficoltà di correzione deriva
dalla asimmetria e dal gradino di distorsione ottica presente in zona
centrale. Esse producono un’immagine retinica sfocata con aspetto a
cometa. Varianti più complesse sono rappresentate dal “coma triangolare” e
da astigmatismi quadratici (Figura 3b). Altre
aberrazioni di ordine superiore al 3°, definite “spherical ”, anche se
simmetriche sul piano rotazionale sono spesso causa di alterazione della
qualità visiva. Poiché le aberrazioni sferiche e quelle coma si
riferiscono a sistemi simmetrici, e l’occhio umano non è rotazionalmente
simmetrico, sarebbe più appropriato parlare di aberrazioni “coma-like” e
“spherical-like” in ambito oculistico. Sebbene siamo in grado di studiare
in vivo numerosi ordini di aberrazioni, l’occhio umano è capace di
percepire gli effetti di tali distorsioni solo fino al 4°-5° ordine. Ciò
si traduce, sul piano pratico, nel concetto che le aberrazioni
significative dal punto di vista clinico sono quelle di ordine elevato (3°
e 4° principalmente) che possono peggiorare la qualità della visione
nonostante siano corrette totalmente quelle defocus ed astigmatiche.
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FIG 3a) Coma-like: aberrazione non
simmetrica sul piano rotazionale |
FIG 3b) Z4,4: aberrazione di 4°
ordine |
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FIG 4) Schema del principio
di funzionamento dell'aberrometro H-S |
FIG 5) Le aberrazioni
totali (in alto) rappresentano la risultante di quelle di secondo
ordine legate alla sfera (in basso a destra), al cilindro (in basso
al centro), associate a quelle irregolari di elevato ordine (in
basso a destra) |
È stato
dimostrato che sono le aberrazioni coma-like quelle dominanti nell’occhio
umano2. Ogni occhio infatti, dal momento che contiene
imperfezioni ottiche legate alla trasparenza ed alla morfologia delle
varie strutture interposte lungo il decorso dei raggi luminosi, presenta
un certo grado aberrazioni di elevato ordine (nel senso clinico del
termine) che si sovrappongono all’eventuale difetto refrattivo
sfero-cilindrico. Le sedi anatomiche responsabili delle distorsioni
possono essere molteplici. Irregolarità della superficie anteriore o
posteriore della cornea, del cristallino, del corpo vitreo o del piano
retinico possono essere causa, singolarmente o in associazione di
aberrazioni ottiche. Un concetto molto importante è, quindi, che le
aberrazioni ottiche totali presenti in un occhio sono la risultante di più
componenti messe assieme, ciascuna legata alla morfologia dei diottri e
delle strutture anatomiche oculari. Le aberrazioni di basso ordine
(defocus ed astigmatiche) in occhi non emmetropi si associano, e spesso
mascherano, le aberrazioni più complesse ma di minore entità degli ordini
superiori. Si è calcolato, su un campione medio di popolazione affetta da
difetti di refrazione, che le aberrazioni di elevato ordine rappresentano,
in media, il 17% del totale.
Queste
aberrazioni ottiche incidono sulla qualità della visione in quanto
alterano la corretta focalizzazione dell’immagine sulla retina. È stato
dimostrato che i limiti massimi teorici della visione foveale nell’uomo
sono compresi tra i 18/10 e i 40/10, in dipendenza dal diametro
pupillare2. Indipendentemente dalla causa, la presenza di un
incremento della aberrazioni oculari si correla con una riduzione
quantificabile della performance visiva che è dipendente dal diametro
pupillare.
Come possiamo studiare le aberrazioni?
Tecnicamente lo studio delle aberrazioni è possibile grazie a
strumenti chiamati “aberrometri”. Differenti sono i principi di
funzionamento dei diversi aberrometri oggi disponibili. Gli aberrometri
“Tscherning” utilizzano una griglia di spot laser che vengono proiettati
nell’occhio e riflessi dalla retina, mentre quelli di tipo “Tracey” si
servono di diversi spot laser indirizzati sulla retina secondo differenti
angoli di incidenza. Un altro metodo molto promettente è costituito
dall’aberrometro di tipo “Hartmann–Shack”, basato sull’utilizzo di
un’unica sorgente laser molto sottile. Attualmente molti degli
aberrometri presenti in commercio appartengono a questo tipo. Questa
tecnica è stata sviluppata, in principio, in campo astronomico per la
misurazione delle aberrazioni ottiche dell’atmosfera interferenti con i
telescopi terrestri. Recentemente Liang et al3 hanno studiato
l’applicazione derivata da tale metodo per la quantificazione degli errori
refrattivi convenzionali e delle aberrazioni di elevato ordine
dell’occhio. Quali sono i principi su cui si basa? Una sottile sorgente
luminosa laser viene proiettata attraverso i diottri oculari e viene
focalizzata sulla retina in un punto. Il fronte d’onda riflesso da questo
punto retinico, attraversando in senso retrogrado le varie strutture
diottriche, viene quindi analizzato dal sensore posto di fronte all’occhio
(Figura 4).
In un modello teorico, privo
di ogni aberrazione, il wavefront uscente non presenterebbe alcuna
distorsione e sarebbe piano, parallelo rispetto a quello di riferimento e
al piano pupillare. In un occhio reale ciò non avviene e il fronte d’onda
emerge deformato in relazione alle aberrazioni ottiche presenti
all’interno. Un wavefront di un occhio con difetto rifrattivo sferico si
presenta come un piano concavo. In caso di un difetto astigmatico, come
abbiamo accennato prima, il fronte d’onda assume una morfologia a sella
con orientamento legato all’asse. Le irregolarità di ciascuna componente
anatomica dell’occhio sono causa di distorsioni del wavefront più
complesse: coma, spherical-like, astigmatismi quadratici. Il sistema di
detettori atto a rilevare il fronte d’onda emergente dall’occhio è
costituito da una serie di lenti di “array” di dimensioni molto piccole le
quali analizzano le differenze spaziali, per ogni singolo punto esaminato,
tra il fascio di riferimento (piano) ed il fascio corrispondente al
wavefront riflesso attraverso le strutture oculari. In pratica il sistema
di micro-lenti divide il wavefront riflesso dall’occhio in un numero più
ampio di fronti d’onda di più piccole dimensioni, ciascuno dei quali viene
focalizzato in un punto del sensore. La posizione spaziale di ognuno
di questi punti, in relazione all’asse ottico della micro-lente
corrispondente, esprime la misura dell’inclinazione di quella particolare
porzione del wavefront. L’integrazione e l’analisi computerizzata di
questi dati contribuiscono all’elaborazione ed alla ricostruzione
morfologica del fronte d’onda misurato. Generalmente la rappresentazione
delle aberrazioni analizzate avviene tramite una mappa, definita
“aberrometrica”, in falsi colori, la quale esprime per ciascun punto la
ricostruzione altitudinale della geometria del wavefront rispetto al piano
di riferimento. La rappresentazione in elevazione del wavefront in
relazione al piano pupillare di riferimento è chiamata “wavefront
aberration function”. Essa ci permette non solo di descrivere le anomalie
refrattive (es. diottrie di ametropia ed astigmatismo) e di visualizzare
le aberrazioni di ordine superiore, ma può essere utilizzata per calcolare
quantitativamente la qualità dell’immagine retinica (Point Spread
Function). In genere, la componente delle aberrazioni di basso ordine,
defocus ed astigmatismo, maschera parzialmente la completa visualizzazione
di quelle di ordine più elevato. È necessario sottrarre dalla mappa
aberrometrica la quota relativa alle aberrazioni di basso ordine per poter
studiare in dettaglio le aberrazioni coma-like o spherical-like (Figura 5). Per ottenere informazioni sufficienti
è necessario eseguire l’esame aberrometrico non solo in miosi, ma anche in
midriasi pupillare. Infatti, solo così è possibile ottenere dati
riguardanti le zone paracentrali e periferiche. Dobbiamo sempre
considerare, però, che il diametro pupillare fisiologico in condizioni
fotopiche, mesopiche e scotopiche dell’occhio che stiamo esaminando è un
importante parametro che gioca come fattore di variabilità sull’effetto
delle aberrazioni oculari. La dilatazione pupillare nell’occhio
normale causa un minimo, seppure significativo, aumento delle aberrazioni
totali. Un problema di importanza rilevante è rappresentato dalla
impossibilità di conoscere, mediante le tecniche aberrometriche descritte,
la sede anatomica d’origine delle aberrazioni rilevate. Infatti, la
ricostruzione della mappa aberrometrica, consente di descrivere unicamente
la morfologia del fronte d’onda che emerge dall’occhio, ma non di dedurre
informazioni relative alla struttura oculare responsabile delle eventuali
distorsioni.
Leonardo
Mastropasqua, Mario Nubile
Da: " L' Oculista Italiano"
Archivio SIFI
2006
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